Quando il “cavalier King”non vuole uscire di casa

 

 

 

Amici ho letto questo articolo di Valeria Rossi sull’argomento(ovviamente parla di cani in generale) e siccome non avrei saputo scriverlo meglio ve lo ripropongo perché è un tema ricorrente nei cuccioli di Cavalier kIng!;-)

 

di VALERIA ROSSI – A noi sembra stranissimo: invece di essere felice come una pasqua quando lo portiamo a passeggio, il cucciolo (e a volte il cane adulto) si impunta, si pianta, si rifiuta di camminare… per poi partire invece a trecento all’ora se torniamo in direzione di casa.
La cosa ci manda solitamente fuori di testa, perché è davvero seccante.
Ci ripetono tutti continuamente che il cane deve uscire, che ha bisogno di passeggiare, che deve socializzare e vedere il mondo… e lui si rifiuta di farlo! Sono tutti matti quelli che ci dicono queste cose, oppure è matto lui?
Nè l’una, né l’altra cosa.
Se il cane rifiuta di uscire i casi possono essere soltanto due:
a) ha appreso una routine, un pattern comportamentale, un’abitudine – chiamatela come volete – che non intende cambiare perché si è assuefatto a quella e ci si trova bene;
b) ha paura del mondo esterno.
Molto spesso, in realtà, i due fattori concorrono e si sovrappongono: per esempio nei cuccioli con veterinari allarmisti, che impongono ai proprietari di “non farli uscire finché non hanno finito le vaccinazioni”. Il che non ha molto senso neppure dal punto di vista sanitario, ma è proprio deleterio da quello comportamentale.
“Finire le vaccinazioni” significa rimanere trincerati in casa almeno per tre mesi, se non quattro (dipende dal protocollo usato da vet): ovvero, “bruciarsi” proprio il periodo ideale per la socializzazione.
Ricordiamo ancora una volta che dopo una settimana circa dalla prima vaccinazione il cucciolo è coperto dagli anticorpi: i richiami servono soprattutto a prolungare l’azione del vaccino, non a potenziarla. O meglio: un po’ di potenziamento esiste, ma è minimo e non è certamente quello a fare la differenza.

Certamente nessun cucciolo – neppure dopo aver completato l’intero ciclo – andrebbe mai portato nell’equivalente canino dei peggiori bar di Caracas: non deve giocare con cani sconosciuti (che potrebbero non essere vaccinati), non deve frequentare altri cuccioli provenienti da negozi e cucciolifici (i cuccioli dell’Est sono i maggiori diffusori di virus letali: dispiace dirlo, perché anche loro dovrebbero socializzare, povere stelle… ma stategli alla larga se non volete rischiare che il vostro piccolo venga a contatto con ceppi di virus “stranieri”, contro i quali a volte neppure i normali vaccini sono efficaci: quindi chiedete sempre la provenienza dei cani con cui pensate di far giocare il vostro), non deve bazzicare fogne, discariche e altri graziosi posticini del genere, in cui potrebbero annidarsi i topi (che possono essere portatori di leptospirosi).
Ma in giro per la città, ci può andare; al campo di addestramento, dove i cani sono tutti sicuramente vaccinati e controllati, ci può andare. Insomma, con un minimo di precauzioni il cucciolo può, anzi deve uscire di casa dopo aver fatto il primo ciclo di vaccinazioni.
Se non esce, non socializza; se non socializza, avrà timore di tutto ciò che non conosce; se avrà timore di ciò che non conosce, non vorrà più uscire di casa perché solo lì pensa di potersi sentire al sicuro… ed ecco che si rientrerà nel caso b).

A volte, però, il cane rifiuta di uscire non perché sia impaurito dal mondo, ma solo perché sta troppo bene in casa sua: perché i cani sono abitudinari, molto abitudinari, ed ogni variazione delle proprie routine viene vista come una grossa seccatura.
L’adulto che rifiuta di allontanarsi da casa, comunque, è quasi sempre solo impaurito: succede soprattutto ai cani che provengono da canili e rifugi, per i quali il mondo è un enorme mistero che non hanno nessuna voglia di scoprire.
D’altro canto, sono vissuti per anni in un unico ambiente nel quale si sentivano sicuri: ora ne sono stati estratti (a viva forza, dal loro punto di vista) e all’inizio questo per loro è stato uno choc, ma per fortuna hanno scoperto di essere finiti in un nuovo ambiente protetto e sicuro. Ora… va bene così, grazie! Non ritengono di avere alcun bisogno di visitarne altri.
Chi ha letto o visto “Le ali della libertà” ricorderà sicuramente la figura del vecchio Brooks, il detenuto che si uccide quando gli viene concessa la liberà condizionata, perché non riesce ad affrontare il mondo fuori dalla prigione in cui è vissuto per tantissimi anni. Le persone come lui vengono definite “istituzionalizzate”: e la stessa identica cosa succede ai cani. Dopo anni ed anni di canile, spesso sono letteralmente incapaci di adattarsi ad un mondo diverso: quindi rifiutano di affrontarlo, impuntandosi ogni volta che i loro umani si illudono di “portarli a divertirsi”.
Divertimento? Macchè!  Per loro, uscire dal porto sicuro rappresentato dalla casa è un vero e proprio trauma.

Che fare, per risolvere questo problema?
Innanzitutto mettersi il cuore in pace e armarsi di infinita pazienza, perché in alcuni casi ne servirà veramente tanta. Meno col cucciolo: lui, solitamente, supera l’impasse in pochi giorni.
Ma un adulto può impiegare anche diversi mesi… e non bisogna mollare. Se abbiamo scelto di “salvare” un cane dal canile, sicuramente vogliamo dargli una vita piena, piacevole, ricca: altrimenti tanto valeva lasciarlo dove stava.
Ma tra tenerlo chiuso in casa e lasciarlo in canile… non è che ci sia tutta ‘sta differenza.
Sì, certo, mangerà meglio, sarà curato meglio e prenderà più coccole: ma la vita non è fatta solo di queste cose. La vita è fatta di esperienze.
Se ci arrendiamo e non gli permettiamo di viverle, illudendoci che lui “sia più felice così” (la più classica delle scuse che troviamo con noi stessi quando non riusciamo ad ottenere risultati concreti), l’avremo “salvato” solo per metà.
Quindi, imperativo numero uno: non arrendersi (e non raccontarsi le favolette da soli). E’ vero che alcuni casi sono davvero irrisolvibili (ne parleremo tra poco), ma prima di mollare bisogna provare con tutte le proprie forze e con tutti i possibili mezzi, perché riuscire a superare il blocco significa scoprire un cane completamente nuovo e infinitamente più felice.

I passi da compiere sono i seguenti:
a) prima di tutto, costruite un rapporto di stima e di fiducia: se non c’è questo, non si va da nessuna parte:
b) soprattutto con cuccioli e cani giovani, cercare l’”esca” più interessante del mondo, con la quale provare ad invogliarli a seguirvi nel mondo esterno. Cibo, se il cane è molto goloso (e se non lo è… un giorno di digiuno non uccide nessuno, ma può rendere più allettante l’idea di uscire per ottenere la pappa); gioco, se ama follemente un giocattolo; un altro cane, se ha molta confidenza e si fida di lui. In ogni caso, state attenti a non rinforzare le manifestazioni di timore/cocciutaggine e affini. Accarezzare il cane quando si impunta può significare, per lui, “l’umano è contento se mi pianto”. Invogliatelo, adescatelo, sussurrategli paroline invitanti… ma premiatelo SOLO quando ha smesso di fare resistenza, e mai mentre la sta facendo.
A volte, purtroppo, nulla di questo funziona (perché i cani hanno la testa mooolto dura, quando vogliono).
E allora, semplicemente…
c) si passa a maniere meno gentili e più decise. Non proprio “forti” e sicuramente non “violente” (MAI, per nessun motivo al mondo, perdere la pazienza con un cane che è già sotto stress!), ma decise sì.
Non vuoi camminare sulle tue gambe? Ti prendo in braccio e ti porto fuori di peso.
Pesi cinquanta chili e non posso prenderti in braccio? Allora ti tiro, dolcemente e senza farti alcun male, ma perdiana vieni con me, perché io ti porto in posti bellissimi a fare cose piacevolissime.
Attenzione: la seconda parte della frase è fondamentale.
Forzare un cane timido a uscire per poi portarlo dal veterinario o dal toelettatore è il modo migliore per convincerlo che faceva benissimo a fare resistenza.
Quando si costringe il cane a mettere il naso fuori di casa, questo naso dovrà percepire profumi deliziosi: quelli di un grande prato su cui correre, quelli di adorabili cagnette con cui fare amicizia e così via.

All’inizio ci si potrà anche accontentare di qualche passo, magari timido e con la coda tra le gambe: ma non si deve mai pensare “ecco, guarda com’è impaurito, poverino, guarda che faccia fa… io lo riporto in casa! Perché devo tormentarlo costringendolo a fare qualcosa che odia?”.
Non si deve cedere a questa tentazione, perché in realtà il cane lo “tormentiamo” solo per fargli superare lo stress iniziale (che è, tutto sommato, assai relativo: dopotutto non gli succede niente di male!) e per fargli scoprire che il mondo è un posto bellissimo, in cui ci si può giocare, fare nuove conoscenze, arricchire la propria vita.
Dopo poche “lezioni”, comunque, bisogna assolutamente portare il cane a divertirsi: altrimenti lui penserà che il gioco non vale la candela.
Che gusto c’è a superare il timore di uscire, per poi fare soltanto il giro dell’isolato al guinzaglio? Sai che gusto!
Se portarselo “a traino” troppo a lungo diventa improponibile, limitatevi a farlo arrivare fino alla macchina, caricatelo e andate nel posto più piacevole che vi viene in mente (e se ha paura anche dell’auto, pazienza: supererà anche questa, perché neppure in macchina gli succederà niente di male… e il cane non è uno stupido: se ne rende conto benissimo).
Se non avete prati e/o boschi nelle vicinanze, o se pensate di non poterlo liberare dal guinzaglio perché temete che possa fuggire, la soluzione ideale è il campo di addestramento, recintato e quindi sicuro.
Per le prime volte non si dovrà tenere alcuna lezione, ma soltanto liberare il cane – e, se è amichevole con i suoi simili, farlo giocare con qualche amico (meglio se di sesso opposto).
Dopo le prime uscite, però, provate a farlo lavorare un po’ (sempre giocando, ovviamente): resterete stupiti scoprendo che a moltissimi cani questo piace ancor più che gironzolare liberi.
La stragrande maggioranza dei soggetti – siano essi cuccioli mal socializzati, adulti “istituzionalizzati” o semplici cani viziati – è in grado di superare il timore del mondo esterno: e dopo un po’ di tempo (a volte dopo molto tempo, lo ripeto, se si tratta di un adulto o di un anziano) forse vedrete che il cane comincia a tirare per uscire e non per rientrare.
A quel punto sarete entrambi molto, ma molto più felici, e vi renderete conto (entrambi!) che valeva le pena di fare tutta quella fatica.

In un solo caso è consentito arrendersi: quando si tratta di cani molto anziani che hanno passato gran parte della loro vita in canile. Quelli realmente “istituzionalizzati”, insomma.
Se dopo cinque-mesi di tentativi non si è ancora ottenuto il minimo risultato, il caso è probabilmente senza speranza.
So già che mi farò maledire da millemila volontari per questo… ma in realtà io penso che i cani istituzionalizzati (e sia chiaro che non sto dicendo “tutti i cani anziani”: sto dicendo soltanto “quelli istituzionalizzati”. Non sono assolutamente sinonimi!) non dovrebbero neppure essere messi in adozione, perché per loro è meglio rimanere dove stanno, visto che solo lì si sentono al sicuro.
Se però ve lo siete preso, un cane così, e se dopo diversi mesi non avete ottenuto alcun miglioramento… allora cercate di dargli una vita sufficientemente dignitosa tra le mura di casa e rinunciate all’idea di ottenere di più.
Sei/sette mesi, per quella che è la mia esperienza, è il tempo limite per i cani che hanno più di dieci anni.
Con quelli più giovani di così, al contrario, personalmente suggerisco di insistere anche per più di un anno, perché ho visto arrivare risultati davvero eclatanti anche dopo tempi così lunghi (e dopo che gli umani avevano perso ogni speranza).
Ricordiamo che tutti i cani sono animali pieni di risorse: e se si ha abbastanza pazienza, in un modo o nell’altro riusciranno a tirarle fuori. I casi in cui si può alzare bandiera bianca sono davvero rarissimi… mentre molti, troppi umani la alzano molto prima di quanto sarebbe lecito, pensando di farlo per amore del cane e privandolo, invece, di gran parte di ciò che rende la vita degna di essere vissuta.

 

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