educazione

Quando ignorare il comportamento sbagliato del proprio cane è di aiuto e quando no!

Questo articolo avrei voluto scriverlo io, ma lo ha fatto talmente bene Fabiana Buonumore che faccio prima e meglio a proporvi direttamente il suo!Questa è una problematica che sento fin troppo spesso causa la possibilità che viene data a chiunque di dire la sua sull’argomento(i leoni da tastiera orami sono ovunque). Di fatto oggi giorno basta pagare una certa cifra(in alcuni casi davvero irrisoria)per avere un pezzo di carta e poter andare in giro a dire di essere educatori o addestratori cinofili, avendo avuto, bene che va, un cane in tutta la propria vita e magari anche male educato…e da questo modo di fare negli ultimi anni sta nascendo ben più di un problema!Buona lettura!!

 

di FABIANA BUONCUORE – Tra gli educatori/addestratori “freschi di accademia”, che magari non avevano mai respirato cinofilia prima di frequentare il corso, è molto diffusa l’abitudine di adottare un singolo metodo, universale, e tentare di applicare quel modello a qualsiasi cane, convincendosi poi che i cani che non rispondono a determinate tecniche sono quelli difficili, irrecuperabili, da cui non si può cavar nulla.

Errore nell’errore è, poi, imparare una tecnica utile solo in determinate circostanze, vedere che funziona e convincersi che sia applicabile non solo a tutti i cani, ma anche a tutte le altre circostanze. In questo caso specifico parlo di un consiglio che ho sentito ripetere un’infinità di volte, sui social o dal vivo: ovvero l’ignorare il cane quando si comporta male.
Ecco perché ho sentito la necessità di fare chiarezza in merito: sono sempre di più le persone che pensano (o forse sperano) che questo semplicissimo metodo sia la risposta magica a tutti i problemi comportamentali.

Innanzitutto, vediamo prima quando e perché questo metodo funziona, perché è davvero una tattica semplice da applicare e che risolve molti problemini comportamentali diffusi.
Il cane che salta addosso alle persone, che abbaia insistentemente quando è chiuso in trasportino e vuole raggiungerci, che ci porta ossessivamente la ciotola per mangiare, o la corda per giocare al tira e molla, sono gli esempi più comuni. Che cosa hanno in comune? Sono tutte richieste di attenzioni, anzi, pretese, per cui il cane la ragiona pressappoco così: “voglio quella cosa e me la prendo”, dove “quella cosa” sono appunto carezze, contatto, cibo, gioco.
In questi casi “ignorare” è sicuramente meglio di rimproverare, perchè per il cane anche il rimproverò sarà un’attenzione ricevuta, ovvero quello che stava cercando: avrete sicuramente notato che un cane che vi salta addosso, a cui magari dite “no, no” spingendolo via, difficilmente cessa il comportamento. Così come il cane che sta abbaiando per ricevere attenzione, se gli si “urla contro” (“silenzio! zitto! PIANTALA!”) sarà ben contento di aver ottenuto quello che voleva e magari abbaierà ancora più forte.

Siccome però, per quanto il termine “gerarchia” sia diventato una parolaccia in moltissime scuole, quasitutti gli addetti ai lavori concordano sul fatto che il cane non dovrebbe pretendere ed ottenere tutto ciò che gli pare se il suo umano non è d’accordo, chiaramente la scelta migliore è, in questi casi, ignorare il comportamento del cane: per natura, infatti, il cane tende ad andare a “risparmio energetico” come tutti i predatori, per cui ogni comportamento che procura un vantaggio di qualche tipo, anche solo una volta su cinque, tenderà ad essere riproposto nella speranza di ottenere ancora quel vantaggio. (Una curiosità: la sequenza di caccia è, invece, l’unico comportamento che in natura il cane ripeterà all’infinito anche se fallisce sempre, trovando autogratificante la caccia stessa, e non solo l’obiettivo finale. Questo è uno stratagemma adottato da Madre Natura per far sì che il predatore non smetta mai di procacciarsi il cibo, altrimenti dopo i primi fallimenti morirebbe di fame desistendo.)

Ecco perché serve sempre la massima coerenza da parte di tutta la famiglia: il cane mi salta addosso per avere attenzioni? Se io divento una statua di sale, lo ignoro, gli do le spalle ogni volta che ci prova, prima o poi si fermerà un attimo a terra in attesa di capire come mai non riesce a ottenere cosa vuole; a quel punto lo premierò abbassandomi a riempirlo di coccole e attenzioni, così che capisca che le può ricevere solo se sta tranquillo con le zampe a terra.
Se però io faccio questo esercizio ogni giorno quando rientro in casa per non sporcarmi i vestiti, ma non quando rientro dopo un po’ di giardinaggio perché tanto ho i vestiti già sporchi, il mio cane non capirà la differenza, per cui imparerà che almeno una volta ogni tanto il suo saltare addosso produce un risultato, e per lui sarà molto più difficile eliminare il comportamento.

Lo stesso vale per l’abbaio in trasportino, per il quale ignorare il cane significa non solo non aprirgli lo sportello, ma anche non avvicinarci al trasportino finché il cane non avrà cessato l’abbaio, per poi agire quando si calma (anche se qui starebbe a noi giungere a chiudere il cane in gabbia per gradi, e non da un giorno all’altro, facendogli conoscere il trasportino un po’ per volta con un’abituazione graduale, in modo da ridurre al minimo la possibilità che il cane, una volta rinchiuso, si metta ad abbaiare disperato); anche sulla richiesta di cibo e gioco possiamo agire così, ignorando l’atteggiamento insistente per poi concedere la risorsa desiderata quando il cane ha rinunciato, meglio se chiedendogli prima di fare un lavoro (basta un banalissimo “seduto” o “terra”). Sull’acqua, invece, è difficile che il cane pretenda per capriccio, per cui personalmente accontento sempre i miei cani che “chiedono di bere” facendo rumore con la ciotola o mettendoci la zampa dentro.

Insomma, in sintesi: il cane vuole qualcosa DA NOI, e per ottenerla mette in atto comportamenti indesiderati? Noi siamo la fonte del desiderio, per cui ignorare l’atteggiamento del cane ci dà il potere di farlo estinguere spontaneamente.

Quando, allora, ignorare il cane non solo non serve, ma diventa addirittura controproducente?

In tutte quelle circostanze nelle quali, ahimé, il cane sta facendo qualcosa che lo gratifica fortemente e per la quale non gliene può fregar di meno di noi, in quel preciso momento. Sì, ci ama, sì, ci adora, ma quella cosa lì è talmente figa che in quel momento gli sta benissimo farla senza ricercare la nostra approvazione.

Qualche esempio?
Masticare il tappeto/le scarpe da trecento euro/il sacco della spazzatura è divertente.
Scavare in giardino o nei vasi è divertente.
Rubare il cibo dal frigo o dalla dispensa rimasti aperti è divertente.
Morderci le mani è divertente.

In tutti questi casi potrete ignorare il cane e disapprovarlo fortemente quanto volete, ma lui continuerà bellamente a divertirsi facendo ciò che lo sta già gratificando, e non gliene importerà proprio nulla della vostra attenzione in quel momento, semplicemente perché non è ciò che sta cercando di ottenere.
In questi casi, per quanto la cosa possa farvi inorridire, bisogna intervenire con una punizione. Per i cani più sensibili la punizione non deve essere necessariamente fisica: basta un “no!”, se il cane lo conosce, o comunque un urlaccio, e questo capirà immediatamente.

Se invece abbiamo un cane di maggiore tempra possiamo addirittura sbilanciarci in una punizione fisica: alcuni preferiscono il giornale arrotolato, perché fa rumore e non fa male; io, sarà che ho un tipo di cane che si gira, ti strappa di mano il giornale, lo fa a coriandoli e poi riprende la sua opera di distruzione, sono più per il sano, vecchio “pattone sul sedere”.
Rapido e in realtà quasi indolore (totalmente indolore nel caso di alcune tipologie canine), ha più che altro un impatto emotivo sul cane, che in quel momento vi legge la vostra disapprovazione (che volete farci, a volte guardarlo storto non basta) e capisce che “quella cosa lì”, per quanto divertente, non piace alla mamma/al papà.
Punizione molto più subdola è invece l’isolamento sociale: prendere il cane e chiuderlo in una stanza da solo ci sembrerà una punizione non-violenta e pertanto decisamente preferibile al “barbaro pattone”, ma è in realtà molto più insidiosa, perché per il cane è mille volte peggio essere escluso dal branco che prendersi un colpetto su una chiappa (pensate a quante craniate dà nel corso della sua vita al termosifone per raccogliere la pallina che vi è finita sotto, uscendone senza fare una piega, e capirete quanto sia diversa l’idea del dolore che ha il cane rispetto alla nostra).

L’isolamento sociale personalmente l’ho usato in pochissime occasioni: quando i miei cani si sono menati tra loro e quando hanno cercato di suicidarsi in qualche modo, attuando comportamenti pericolosi per loro stessi.
È una punizione brutta-brutta, che serve a punire i reati più gravi. A meno che non abbiate un chow chow, un maremmano o altri cani con la stessa socialità di un paracarro: in tal caso l’isolamento sociale è quasi un premio.
Ma con cani di quel calibro qualsiasi punizione ha poco valore, proprio perché dell’approvazione di mamma/papà, a loro, non frega un benemerito cavolo.

Tornando a noi, in sintesi: ignorare il cane che si comporta nel modo sbagliato serve solo se quell’atteggiamento vuole stimolarci ad elargire al cane una risorsa (che può anche consistere in semplici attenzioni); non funzionerà, invece, sui comportamenti autogratificanti.

Educare il Cavalier king: cosa si intende per rinforzo positivo, rinforzo negativo e punizione

Ragazzi e ragazze ho notato che c’è tanta confusione su questi argomenti…In molti non riescono ad addestrare bene il loro Cavalier King o in genere il proprio cane perché non hanno chiara la differenza tra questi tre concetti:rinforzo positivo,rinforzo negativo e punizione né quando è il momento giusto per applicarli. Questo genere confusione nel cane che non riesce a capire cosa vogliamo da lui ne cosa deve fare e diventa per voi ineducabile. Per tutte e tre queste azioni l’importante è che vi ricordiate che devono essere applicate nel momento preciso in cui si sta svolgendo un determinato comportamento. In internet ci sono bellissimi articoli a riguardo scritti da persone molto competenti però ho notato che sono scritte per gli “addetti ai lavori”e quindi forse causano confusione nella mente di chi non lo è.

Dunque prima regola:Rinforzo positivo o negativo o punizione nel preciso istante in cui il cane sta attuando il comportamento che vogliamo premiare o eliminare.

Per esempio ho notato che quando vi insegniamo come fare la condotta al guinzaglio in molti tardano a dare il premio oppure lo danno un attimo dopo che il cane ha messo in atto il comportamento corretto. Dovete sviluppare un po’ di sensibilità al riguardo ma non sarà difficile tranquilli!

Il rinforzo è uno stimolo che aumenta la probabilità della comparsa di una azione in occasione a successive esposizioni alla medesima situazione (Pageat, 1999), un evento che aumenta la probabilità che un certo comportamento sia eseguito (O’Farrell, 2001).

Ci tengo inoltre a sottolineare un concetto:Quando stiamo addestrando il nostro Cavalier king a fare qualcosa,che sia il seduto,che sia il resta o a terra utiliziamo solo rinforzi positivi.Questo significa che premieremo il nostro cane ogni volta che farà la cosa corretta  e ignoreremo gli atteggiamenti sbagliati. Dunque il cane si siede al nostro comando e lo premiamo,non si siede e semplicemente non lo premiamo. I rinforzi positivi devono essere sempre più utilizzati rispetto a quelli negativi. Del resto basta riflettere su un semplice concetto:Da cosa è spinto un essere vivente nello svolgere una determinata azione?dal piacere che riceve nel compierla! Il premio è dunque lo stimolo positivo deve essere sempre maggiormente utilizzato rispetto a uno stimolo negativo. Sono dell’idea che si fa molto prima ad educare un cane a una condotta corretta al guinzaglio premiandolo al momento giusto e soprattutto iniziando a farlo da quando è cucciolo. Sono rari i casi in cui dovremo ricorrere al rinforzo negativo(per esempio strattonata se va troppo avanti a noi)se riusciamo a fargli capire tramite un premio dato al momento giusto che deve stare al nostro “piede”. Per alcuni cani sarà poi necessario ricorrere a un rinforzo negativo e cioè per esempio:premio quando cammina al mio fianco,leggera strattonata con improvviso cambio di direzione quando ci sorpassa tirandoci.

Dunque possiamo definire il rinforzo negativo come  la cessazione di un determinato stimolo che aumenta la probabilità che un comportamento sia nuovamente messo in atto. L’animale risponde per evitare uno stimolo. Quindi come dicevamo,il cane tira al guinzaglio,il collare gli da fastidio smette di tirare e il collare non esercita più la pressione fastidiosa per il cane.

La punzione è invece tutt’altra cosa,possiamo definirla come uno stimolo negativo che sopraggiunge durante una risposta, in questo modo la risposta tende a diminuire in frequenza, fino a scomparire.
Una punizione deve essere prima di tutto efficace, può essere verbale o fisica e va data nel momento preciso in cui viene messo in atto l’atteggiamento che vogliamo evitare.

Ci sono determinati atteggiamenti,tra cui tutti quelli palesemente di dominanza nei confronti dell’uomo in cui sarà necessario attuare una punizione. Ma in tutti gli altri che sono la maggioranza si utilizzeranno tecniche di desensibilizzazione,di contro-condizionamento

Per farvi capire se il vostro cane abbaia ogni volta che suona il citofono sarà più facile utilizzare tecniche di desensibilizzazione al suono del campanello rispetto a una punizione o a un rinforzo negativo che il cane difficilmente capirebbe. Se il cane ha paura dei tuoni utilizzeremo tecniche di desensibilizzazione al suono del tuono unite a rinforzi positivi,dunque assolutamente non punizioni ne rinforzi negativi.

Esempi di rinforzi positivi sono:Cibo,carezze,lodi verbali,gioco,evitamento del disagio,attenzione,oggetti su cui abbiamo instaurato uno stimolo positivo(per esempio chi usa il clikker per addestrare il proprio cane)

Esempi di rinforzi negativi:privazione dell’attenzione,privazione di un oggetto,intimidazione sociale,verbale e fisica(sia chiaro che per fisica non si intende mai prendere a bastonate il cane!!!!)

Ricordate sempre che il cane ubbidisce solo se ha stima, rispetto e FIDUCIA della persona che gli da un ordine,se il vostro cane non ha considerazione di voi sarà inutile dare rinforzi di ogni genere. Inoltre su cani particolarmente paurosi verso l’uomo le punizioni fisiche non andrebbero mai utilizzate. Se il vostro cane non risponde ai vostri ordini nemmeno con questo tipo di addestramento o si dimostra pauroso affidatevi a un buon educatore,anche il cane più piccolo può diventare un serio problema e che piacere c’è nell’avere con se un cane frustrato,disubbidiente o pauroso?nessuna!se avete preso con voi un cane avete il DOVERE di educarlo al meglio,per voi stessi e per gli altri.

 

Paura dei temporali,paura dei fuochi,abbaio al suono del citofono:tecnica di desensibilizzazione per il Cavalier King

A grande richiesta pubblico un programma che viene definito di desensibilizzazione a quello che può essere la paura per il rumore dei fuochi di artificio o dei tuoni ma che si può applicare anche al cane che abbaia al suono del citofono. Per mancanza di tempo copio e incollo, tagliando i punti non utili, un articolo di comportamentalisti scritto molto bene:

Come si fa?
E’ molto semplice e non servono certo costose consulenze psichiatriche.
Ci si può, per esempio, procurare un CD con vari rumori registrati (in rete dovreste trovarli abbastanza facilmente), che si faranno sentire al cane inizialmente a volume molto basso e poi, molto gradualmente, a volume sempre più forte.
Il segreto sta nell’abbinare sempre al rumore qualcosa di positivo e gratificante per il cane. Possiamo far sentire il rumore e poi dargli la pappa; oppure fargli sentire il rumore e subito dopo giocare con lui.
E’ importante anche la nostra reazione al rumore, perché se fossimo i primi a sobbalzare o ad assumere un’aria preoccupata (anche se la nostra preoccupazione fosse dovuta solo alla reazione del cane), lui si metterebbe subito in allarme: non credo sia il caso di ricordare ancora una volta quanto loro siano sensibili ai nostri stati d’animo, che leggono perfettamente attraverso il nostro linguaggio del corpo.
Ne approfitto invece per ricordare che il cane è altrettanto sensibile al linguaggio dei suoi simili.
Per questo consiglio, quando possibile, di effettuare il programma di desensibilizzazione e ricondizionamento in presenza di un cane che non abbia il minimo timore dei botti e in generale dei rumori forti.

Un programma indicativo può essere svolto così (ovviamente questa è solo una linea-guida, che andrà modificata e adattata alle reazioni del singolo soggetto):

Primo giorno: bisogna identificare non solo il tipo di suono, ma anche la distanza e l’intensità a cui lo stimolo provoca una reazione nel cane. Quindi si faranno tentativi successivi, con rumori diversi, sempre partendo da un volume minimo e da una grande distanza, e man mano si alzerà il primo e si diminuirà la seconda fino ad ottenere che il cane mostri il primo segno di ansietà. Prendere nota di entrambi i valori, perché è da qui che si partirà. 3-4 giorni successivi: bisogna ottenere che il cane cominci a reagire positivamente al rumore alla distanza e al volume identificati nella prima seduta.
Quindi procederemo con rumore-cibo, rumore-gioco, rumore-coccole e così via, stando però attentissimi a NON rinforzare mai la reazione di paura/ansietà. Ovvero, l’abbinata rumore-coccole si deve fare SOLO quando il cane non manifesta più alcuna reazione: in caso contrario lui farebbe questo ragionamento: “Mi accarezza perché mi sono spaventato, ERGO ho fatto bene a spaventarmi”.
E’ importantissimo capire questo meccanismo, che al ragionamento umano spesso sfugge: il cane abbina il premio (o la punizione) sempre e solo all’ultima azione che ha compiuto. Il cane non ha alcuna possibilità di fare ragionamenti retrospettivi (mi premia perché mezz’ora fa sono stato bravo), né di anticipare il futuro (mi accarezza perché vuole che io stia bravo). Quella che noi interpretiamo come “carezza che vorrebbe avere un’azione calmante”, per il cane è invece una risposta positiva al comportamento che sta manifestando. Accarezzare un cane che abbaia a un altro cane non gli dice “stai buono, non fare così”: gli dice invece “bravo, sono contento che tu stia abbaiando”. Accarezzare un cane che trema come una foglia perché ha sentito un botto non gli dice “Stai calmo, non c’è nulla di cui aver paura”, bensì “bravo, sono contento che tu stia tremando”. La sequenza più corretta, dunque, è questa: rumore-cane che reagisce-cibo, rumore-cane che reagisce – gioco, rumore-cane che non mostra reazione-coccole.ATTENZIONE: neppure cibo e gioco devono essere interpretati come “premi” (altrimenti ricadremmo nello stesso errore visto sopra), ma come “cose che succedono subito dopo il rumore”: quindi non vanno accompagnati da segnali di approvazione.
Dev’essere il cane, un po’ alla volta, a convincersi che quel rumore significa “cibo in arrivo”, o “adesso si gioca con gli umani”: non deve sembrargli una cosa indotta da noi.
Il nostro atteggiamento di fronte al rumore dovrà essere rilassato, meglio ancora se allegro (possiamo farci una bella risata, cosa che il cane riconosce come nostro segnale di “stato d’animo positivo”, ma anche stenderci sul divano e aprire un libro, o metterci a cucinare, insomma fare cose normalissime in atteggiamento normalissimo).
Continuare finché, alla distanza X e al volume Y che abbiamo individuato come punti di partenza, il cane non manifesta più alcun disagio. Con tre “lezioni” al giorno di 10 minuti l’una, facendogli sentire all’incirca un colpo ogni minuto, il tempo medio per ottenere un risultato positivo dovrebbe essere di 3-4 giorni: però, ripeto, questo è un tempo indicativo. Ci saranno cani che in una sola lezione si abituano al rumore ed altri, particolarmente fobici, a cui potranno servire anche due o più settimane.

Non appena il cane appare rilassato al volume X e alla distanza Y: aumentare il volume e diminuire la distanza, cercando sempre di individuare il “punto critico” in cui il cane inizia a dare segni di paura.
Bisogna stare molto attenti a identificare bene questo punto, perché accelerare troppo i tempi significherebbe, nove volte su dieci, vanificare tutto il lavoro fatto in precedenza e dover ricominciare daccapo.

Quando il cane accetta senza paura il rumore forte a distanza ravvicinata (ovvero al volume e alla distanza in cui mediamente dovrà sentire spari, tuoni, botti di Capodanno e affini nel corso della sua vita), si dovranno effettuare “lezioni” in luoghi diversi, variando anche i tipi di rumore (tuono, sparo, petardo ecc.).

In seguito dovremo “tenere allenato” il cane almeno con una seduta alla settimana: basteranno un paio di rumori, giusto per verificare che la reazione rimanga quella che desideriamo.
Se si manifestasse un regresso, torniamo indietro di un passo e teniamo di nuovo qualche “lezione” a distanza maggiore ed intensità minore di quelle che hanno causato la reazione di paura.

Una volta ottenuta una risposta positiva costante (almeno per due-tre mesi), faremo alcune sedute con i rumori reali, che differiscono da quelli registrati perché inducono anche modificazioni nell’odore, nelle vibrazioni dell’aria eccetera. Per spari e botti è tutto piuttosto facile: basta procurarsi una pistola a salve e alcuni petardi.
Il più difficile è ovviamente il temporale, perché è praticamente impossibile realizzare tutte le variazioni ambientali correlate: si può imitare il lampo con il flash di una macchina fotografica, ma l’aumento dell’ozono nell’aria è decisamente un po’ complicato da “mimare”! Purtroppo i cani con una forte fobia del temporale spesso reagiscono alle variazioni atmosferiche ancor prima che si senta il primo tuono: in questi casi, purtroppo, è quasi impossibile ottenere risultati con la sola desensibilizzazione e bisogna ricorrere ad altri mezzi calmanti (gilet antistress, T-touch e, nei casi particolarmente gravi, anche farmaci).

 

Ricordate che lo stesso concetto può essere applicato al cane che abbaia al citofono,il lavoro da fare sarà lo stesso. Certamente il tutto richiederà tempo e pazienza ma i risultati saranno garantiti se lavorate bene!Buon lavoro!

Quante ore si può lasciare da solo un cane e quindi anche un cavalier king?

Amici ho letto questo articolo di Valeria Rossi e ve lo propongo,scremando un po le parti che lo rendon un po’ troppo “lungo”(e ancora forse lo è ma leggetelo tutto dice cose importanti)… mi scuso con l’autrice ma io sono un amante della sintesi. Se state pensando di prendere un Cavalier Kin vi sarà senz’altro utile dargli una letta!

 

di VALERIA ROSSI – Negli ultimi tempi questa domanda mi è stata rivolta un numero veramente impressionante di volte. Spesso (l’ultima volta proprio stamattina) nella variante “esiste una razza che possa stare molte ore al giorno da sola?”.
Oggi, però, vorrei riprendere l’argomento da un altro punto di vista: chiarendo, tanto per cominciare, che NO, non esiste “una razza” particolarmente adatta alla solitudine: esiste semmai una “specie”, e si chiama “gatto”.
Il gatto è – almeno dal punto di vista etologico – un animale solitario, che in natura vive per conto suo, caccia da solo, non ha bisogno di interagire con altri per cavarsela.
Come al solito, in realtà, la pratica non sempre dà pienamente ragione alla scienza: una delle mie due gatte, se sono in casa ma la chiudo fuori dalla porta, è capace di passare quaranta minuti a saltare sulla maniglia, finché riesce finalmente ad appendercisi, ad  aprirla e a venirsi a piazzare davanti al monitor a farmi purr purr a millemila decibel  (che è poi il motivo per cui le chiudo spesso la porta in faccia). Sarà anche un animale solitario, ma la compagnia le piace assai.
Però, se resta sola in casa tutto il giorno perché io non ci sono, lei se ne infischia. Si fa i fattacci suoi, dorme, gioca con sua sorella, si arrampica sulle tende. Quando rientro, che sia stata fuori dieci minuti o tutto il giorno, la prima cosa che fa è sempre e solo quella di andare dalla ciotola: “Allora? Si mangia? Sei in ritardo, è questa l’ora di arrivare? Ho fame!”.
Se lasci da solo un cane, lui passa tutto il tempo a pensare che non ci sei (poi può reagire abbaiando e disfando casa, oppure attendendo pazientemente: ma senza di te la sua vita è vuota e senza senso): e quando rientri, anche se se stato fuori dieci minuti netti, ti fa le feste come se non ti vedesse da trent’anni.
Questo perché il cane è – sempre dal punto di vista etologico – un animale sociale: il che significa che ha bisogno di interagire con altri per sopravvivere (e non solo perché “gli piace stare in compagnia”).
La differenza, ovviamente, è abissale. E’ vero che cani e gatti amano entrambi il rapporto con l’uomo, le coccole, l’interazione, lo stiamo-vicini-vicini: ma se per il gatto questa è una scelta, per il cane è una “conditio sine qua non”. Senza compagnia, senza un gruppo sociale, il cane pensa di non poter sopravvivere: quindi, quando resta solo, pensa immancabilmente: “Oddio, e adesso cosa sarà di me?”.

Il gatto, se resta solo, pensa: “Okay, non c’è nessuno: posso dormire, oppure dare un’occhiata in giro per vedere se posso ammazzare qualcuno  per cena”.
Il pensiero di essere in balia degli eventi non lo sfiora neppure.
Per il cane, al contrario, è l’unico pensiero.
Ecco perché sostengo sempre che “solo” e “cane” non dovrebbero poter stare nella stessa frase: perché il cane unico, ogni volta che viene lasciato a se stesso anche solo per pochi minuti, si pone la domanda “cosa sarà di me”.
Teme, per esempio, che la cena non arriverà mai: e poco conta il fatto che venga servita in ciotola anziché cacciata dopo aver stabilito una strategia di branco: la cena prevede interazione, uno che la offre e un altro che se la mangia. Se manca il primo, il secondo muore di fame.
Ma il cane è davvero così scemo da pensare “oddio, morirò di fame” ogni volta che i suoi umani escono di casa?
No, ovviamente no: o almeno, non proprio.
Istintivamente lo penserebbe, perché il suo DNA è quello e c’è poco da fare: però è possibile, attraverso l’educazione, l’abitudine, il condizionamento – chiamatelo un po’ come volete – arrivare a far sì che pensi: “Morirò di fame? Ma no, dài: è uscito, ma poi torna. E’ sempre tornato, tornerà anche stavolta”.
Per il cane la socialità è “di per sè” un bisogno primario: siccome nella realtà dei fatti è quello che permette di soddisfare tutti gli altri, il cane lo sente proprio come qualcosa di cui non può fare assolutamente a meno. Anche se resta solo con una ciotola piena di cibo, infatti, lui non si sente tranquillo (potrebbe sempre arrivare un predatore, va’ a sapere. “E da solo come lo affronto?”).
Il cane è davvero così scemo da pensare che casa nostra possa essere improvvisamente invasa da predatori affamati?
Ancora una volta, non proprio. Ma sotto sotto, nel fondo del fondo del suo inconscio, sì. Perché un animale sociale è fatto così, i suoi geni gli dicono questo: da soli non si sopravvive. E se l’esperienza pratica può insegnargli il contrario, può tranquillizzarlo sul fatto che prima o poi il branco si riformerà, che non è stato lasciato solo per sempre ma solo temporaneamente e in condizioni di assoluta sicurezza…una piccola parte di lui non  ci crederà mai fino in fondo.

Detto questo: esistono razze che “possono stare da sole” in assoluto?

Ovviamente no: se così fosse,  non sarebbero cani.
Esistono razze che soffrono meno la solitudine rispetto ad altre?
Questo sì.  Le razze che la soffrono “un po’ meno” esistono, e vanno cercate esaminando la loro storia e la loro selezione: i cani guardiani delle greggi o delle mandrie, per esempio, per secoli sono stati abituati a passare molte, molte ore da soli a controllare il bestiame e ad evitare che fosse attaccato dai lupi o dagli orsi. I cani nordici sono cani a cui è sempre stato chiesto di prendere decisioni autonome. Se stai in fondo a una slitta trainata da cani non puoi vedere, per esempio, il burrone che ti si apre davanti: il cane di testa, invece lo vede. E se non decide in proprio di fermarsi o di cambiare direzione, la cosa finisce male. Quando leggo libri in cui vengono definite come “intelligenza” la prontezza nell’obbedire agli ordini, mettendo quindi ai primissimi posti in classifica i cani più docili come pastore tedesco o border collie, io penso sempre che una slitta trainata da border collie finirebbe probabilmente inghiottita dal primo crepaccio che trova. Con i pastori tedeschi, avendoli allevati e addestrati per molti anni, levo il “probabilmente”: sono SICURA che volerebbero di sotto con tutta la slitta e col musher attaccato.
Per questo motivo, nei cani nordici, è stato considerato assai gradito un certo gradi di indipendenza, e la loro selezione ha preferito i cani che sapevano affrontare i problemi da soli, senza chiedere aiuto all’uomo.
Morale: i cani non sono tutti uguali, neppure nella socialità e nella ricerca di rapporto. E’ inutile che faccia una “lista della spesa” di razze più  o meno adatte a passare molte ore da sole: basta informarsi un po’ sulle origini e sulla storia di ognuna di esse, e trarre le debite conclusioni. Le razze selezionate per “pensare in proprio”, per passare molto tempo lontane dall’uomo, per lavorare lontane dall’uomo (quindi cani nordici, segugi, cani da guardia del bestiame o del gregge) sono, generalmente, meno “appiccichine” dei cani selezionati per stare proprio francobollati all’uomo (cani da difesa, cani da compagnia, cani da guardia della proprietà privata).
Nessuna di queste razze, però, è… un gatto: quindi anche il cane più “adatto” a stare molto da solo sarà sempre “adatto” tra virgolette, appunto. Sarebbe più corretto dire “meno inadatto”, piuttosto che “più adatto”. Perché il cane, in quanto cane, da solo non ci dovrebbe proprio stare mai. E figuriamoci per otto ore al giorno.

Visto, però, che nessuno di noi fa Gates o Batista di cognome, e che a quasi tutti noi poveri umani “tocca lavura’”… ecco che il problema si presenta anche quando abbiamo ben presente l’etologia canina e i bisogni primari del cane. Perché quello di arrivare alla fine del mese è un nostro bisogno primario, e in qualche modo tocca soddisfarlo.
La risposta sembra semplicissima: il cane ce lo prendiamo quando andiamo in pensione. Oppure ce lo prendiamo solo se a casa, quando noi andiamo al lavoro, ci resta una moglie casalinga o una nonna che in pensione c’è già.
Però ci sono un sacco di famiglie che, per soddisfare il bisogno primario di arrivare a fine mese, sono costrette a lavorare in due (e se capita, spediscono a lavorare pure la nonna): se queste famiglie amano i cani, che devono fare? Rinunciare per forza?
In realtà, no: non è detto.
Dipende.
Dipende da quanto siamo disposti a sostituire la quantità con la qualità, per esempio: perché il cane si romperà sicuramente le scatole per otto ore al giorno, ma se almeno un paio delle altre otto disponibili (considerato che anche dormire è un bisogno primario) le dedichiamo completamente a lui, allora il gioco può valere la candela.
Se invece lo lasciamo a casa otto ore, poi arriviamo a casa stanchi e magari pure con le palle girate, gli facciamo pat pat sulla testa, gli sbattiamo quattro crocchette in una ciotola e poi ci rincoglioniamo davanti alla TV (anche se col cane sdraiato sui piedi con la faccia adorante, perché finalmente è tornato il suo Dio)…allora è meglio lasciar perdere, perché quel cane lì sta facendo una vita di merda.
ANCHE se scodinzola, anche se ci dà le musatine e fa le scemate, anche se ci guarda come se fosse felice come una Pasqua.
Certo, è contento di vederci: e spera di fare qualcosa con noi. Ma se quel “qualcosa” è guardare insieme il Grande Fratello, a me vien voglia di mandarvi le guardie zoofile e di farvi fare la multa per doppio maltrattamento: del cane e di voi stessi.

Ultime cosette:
a) avere un giardino non risolve un’emerita cippa. La solitudine è solitudine, che tu abbia a disposizione due metri quadrati o dieci ettari;
b) la presenza di un altro cane aiuta. Non basta a creare un vero “gruppo”; ma aiuta (l’effetto collaterale è che il cane potrà legarsi di più al suo simile che a te);
c) un cane che sta tranquillo ad attendere il vostro ritorno, che non si mette ad abbaiare, che non distrugge la casa e così via, non si “compra fatto”. Si costruisce, si crea con pazienza, coerenza, calma ed esercizio.
Il cane va abituato gradualmente, progressivamente, senza stressarlo “sparendo” alla sua vista per ore quando l’avete adottato da due giorni, facendogli pensare che non tornerete mai più e gettandolo nella più nera disperazione (alla quale magari reagirà facendovi fuori mezza casa). Uno dei motivi per cui io no riesco ad essere totalmente contraria al “cane per Natale” è il fatto che Natale preveda per quasi tutti gli umani un periodo di vacanza che si può dedicare alla prima educazione di un cucciolo, ma anche di un adulto (con attenzioni doppie, quanto ai problemi di solitudine, per i cani adottati in canile, che spessissimo sviluppano ansia da separazione): educazione che non deve consistere solo nell’insegnargli a fare la pipì fuori, ma che deve assolutamente comprendere anche l’abituazione a qualche periodo di solitudine.
Il cane deve capire, pian piano, che voi tornerete SEMPRE. Che non deve temere nulla. Che non ci sono predatori in giro per casa, che non verrà mai lasciato morire di fame e di sete, che ogni santissima sera riceverà la sua dose di coccole e di “cose che farete  insieme”.
In questo modo si potrà avere un cane non che “possa” stare per molte ore da solo infischiandosene come un gatto, ma che “sopporti” di passare molte ore da solo (magari con qualche passatempo, come un kong o un osso da rosicchiare) senza far danni e senza far casino.
Non sarà il cane più felice del mondo, questo scordatevelo: ma può essere un cane che conduce una vita serena, ben sapendo che alla fine dell’attesa arriva, ogni giorno, qualche momento che vale davvero la pena di vivere.
d) ricordate che l’impegno di rendere la vita del vostro cane degna di essere vissuta sarà costante ed immutabile, previsto per ogni santo giorno di tutti i quindici anni circa che passerete insieme.
Se vi sembra già faticoso il pensiero di portarlo a pisciare tre volte al giorno, lasciate perdere: perché oltre a questo ci DEVE essere assolutamente un periodo della giornata dedicato a lui, in cui potrete lavorare o giocare o fare sport, ma dovrete farlo  insieme e dovrà essere divertente per entrambi. Altrimenti è meglio prendersi il gatto.

Invece partire in tromba senza averci perso neanche un briciolo di tempo a valutare la cosa, prendersi il cane in modo irresponsabile e poi scoprire che “non si poteva fare” perché si trovano ostacoli che avrebbero DOVUTO essere prevedibilissimi…ecco, questo è da emeriti pirla.
Quando sento cose come: “l’ho riportato indietro perché è cresciuto“,  o “non lo voglio più perché abbaia“, mi viene quello che dalle mie parti  si chiama “sciupùn de futta”. Ovvero, la classica voglia di spaccare tutto (e nella fattispecie, la faccia del personaggio in oggetto).
Che i cani piscino, caghino, abbaino e – guarda caso – crescano, non sono cose che si possono scoprire da un giorno all’altro. Si devono sapere PRIMA e ci si deve pensare prima.
Così come si deve sapere che il cane è un animale sociale e che ha bisogno di contatti sociali.
Se non possiamo garantirglieli in assoluto, NO CANE, no party.
Se la cosa è risolvibile con l’aiuto di familiari, amici e anche dog sitter (dio abbia in gloria chi li ha inventati), allora sì, ci si può pensare.
Però responsabilmente.

Perché il negoziante vi consiglia la pettorina e l’allevatore e gli addestratori il collare?

Questa è una domanda che ci viene posta davvero molto spesso e molto spesso ne abbiamo discusso in vari post sul nostro gruppo facebook Dei Piccoli elfi Kennel:cavalier king e king Charles spaniel!

Cercherò di essere breve e precisa così da non annoiarvi e rendere il concetto di facile comprensione a tutti. Prima di tutto porto alla vostra attenzione un semplicissimo dato,quanto costa una pettorina e quanto costa un collarino? So che tutti voi lo sapete ben o male,un collarino difficilmente costa più di 15 euro,mentre le pettorine difficilmente costano meno di 30 euro!Ed ecco che magicamente nei negozi di animali si ha una scelta infinita su modelli di pettorine che sono talmente belli che corromperebbero anche chi è del mestiere e di collarini sempre una pena infinita…quasi a scoraggiarti. Io stessa ogni colta che vado per prendere una cosa bella per i miei cavalier king mi trovo davanti una scelta misera,specie se guardo il paragone con il reparto pettorine. Quindi quale sarà l’interesse del negoziante?Naturalmente vendere il prodotto più costoso!!! Ricordate che i commessi che lavorano nei negozi sono molto spesso ragazzi che di cinofilia non ne sanno un bel nulla e raramente ci capiscono qualcosa i proprietari stessi del negozio. Non  sono addestratori e non sono allevatori quindi lasciateli parlare e non vi curate di ciò che dicono se avete dietro le spalle un consiglio di chi è davvero del mestiere.

Tutto è nato dalla paura dei proprietari di “strozzare”il cane utilizzando il collare,il tutto incentivato da campagne animaliste con ben poca cultura cinofila,siccome a nessuno piace strangolare il proprio cane sono arrivate le pettorine per i cani di  piccola taglia. Pettorine che esistevano già ma solo per le taglie grandi,per i cani che erano utilizzati per il “traino”e già questo dovrebbe dirci tutto….Un accessorio nato per cani da slitta e traino può essere adatto a insegnare al nostro cane a non tirare?Direi di no!

Il discorso è molto semplice,se il nostro cane non tira può andare senza problemi con il collare perchè di certo non può strozzarsi…Se tira invece con il collare avremo l’impressione che si strozzi,con la pettorina ci sembrerà di fare meno danno ma i gomiti del nostro cane saranno costamente sottoposti a stress e a lungo andare gli creeremo dei problemi. Ora esistono delle pettorine con una forma particolare che evita tale problema e quindi almeno un pensiero ce lo possiamo levare ma rimane il fatto che se abbiamo un bel cavalier king con un bel pelo folto lo vedremo,in paragone a altri che hanno il collare,un pò spennacchiato nei punti di attrito della pettorina sul pelo…insomma un peccato(almeno per chi come me ama il loro bellissimo pelo)!

Detto ciò il punto è solo uno:utilizzare collare o pettorina non farebbe alcuna differenza se il cane fosse educato a non tirare! Altrimenti tenete presente che il collare,adeguatamente utilizzato,può esservi di aiuto nell’addestrare il vostro cane mentre la pettorina accentuerà il problema.

Per “adeguatamente utilizzato” intendo dire che il cane non dovrebbe mai camminare come un forsennato davanti a noi con noi dietro a tirarlo e a tenerlo praticamente impiccato!Al cane andrebbe data una strattonata secca al bisogno e detto un chiaro NO. Principalmente andrebbe poi PREMIATO ogni volta che fa la cosa giusta così che associ positività al comportamento che per noi è giusto e negatività verso quello che per noi è l’atteggiamento sbagliato. Il collare usato come si deve non crea nessun problema!

Insomma comprate quello che più vi piace ricordando però di educare il vostro cane a camminare a fianco a voi e non dove vuole lui,questa è alla fine la cosa più importante di tutte!

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